La gran parte dei giacimenti di mercurio della Toscana Meridionale si concentra attorno al complesso vulcanico del Monte Amiata. Si tratta di giacimenti noti fin dall’antichità che hanno rappresentato una risorsa mineraria di primaria importanza fornendo insieme ai giacimenti spagnoli di Almaden (Spagna), oltre il 50% del mercurio assorbito dal mercato mondiale. Un plastico con l’ubicazione dei luoghi minerari presenti sul nostro territorio, costituisce il punto di partenza del percorso museale, insieme alle carte geologiche delle aree su cui si sono formati i giacimenti di cinabro. Possiamo inoltre trovare in questa stanza una serie di reperti litici (mazze, picconi, asce e zappette in corno di cervo) trovati durante gli scavi, risalenti addirittura al III° Millennio a.C., con illustrazioni degli usi che gli etruschi facevano del cinabro per colorare le terracotte, affrescare le tombe e nel commercio con l’Oriente.
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Uno spaccato delle antiche tecniche di ricerca e coltivazione nei vari periodi storici, è quello che si può ricavare dalla visita della seconda stanza del museo. Da una accurata comparazione dei vari periodi storici, si osserva il netto miglioramento verificatosi con l’impiego di attrezzi di ferro e soprattutto dall’utilizzazione sempre più frequente della polvere da sparo.
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La Miniera è stata considerata il “pane amaro” che per lungo tempo ha sfamato una terra dura, difficile e povera quale quella del Monte Amiata. Qui sono esposti utensili e strumenti che aiutano il visitatore a comprendere in maniera chiara la tipologia di organizzazione del lavoro e le attività svolte nel sottosuolo. Attività che troppo spesso vedevano protagonisti donne e bambini di età inferiore ai quindici anni. Il loro compito era prevalentemente quello di cernere e arricchire il minerale, prima di inviarlo ai forni (operazione che era effettuata nelle “laverie”): a seconda delle mansioni svolte il compenso giornaliero (12 ore lavorative) era per questi ultimi di sole 0,60 Lire.
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Salendo al piano soppalco, si possono vedere gli usi e gli impieghi del mercurio nel tempo, ma soprattutto vengono illustrate le gravi conseguenze che l’estrazione e la lavorazione del cinabro hanno avuto per la salute e la vita dei minatori. Frane, esplosioni di mine, gas (la cosiddetta “aria morta”), distacchi di rocce: queste e tante altre sono state le cause dei numerosi infortuni sul lavoro, spesso mortali, accaduti nelle miniere amiatine. Da non dimenticare poi le malattie professionali come la silicosi e l’idrarginismo (o mercurialismo) che hanno prodotto la morte di numerosi ex minatori.
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Il percorso museale termina affrontando i temi legati alla chiusura delle miniere e alle lotte sociali portate avanti con dura determinazione dai minatori per ottenere in primis migliori condizioni lavorative, ma soprattutto per far avanzare una visione alternativa di sviluppo basato sulla valorizzazione delle risorse umane, ambientali e culturali.. La miniera significava sacrifici e pericoli comuni per tutti i minatori, ma anche “un piccolo privilegio in un mondo di poveri”, garantendo una seppur misera busta paga mensile e consentendo in misura modesta progetti di vita e di futuro. La crisi del settore mercurio iniziata nel 1973 portò alla graduale chiusura degli impianti tra il 1982 e il 1984, con la messa in cassa integrazione dei minatori stessi, in attesa del pensionamento o della riqualificazione per essere inseriti in nuove attivi in primis migliori condizioni lavorative, ma soprattutto per far avanzare una visione alternativa di sviluppo basato sulla valorizzazione delle risorse umane, ambientali e produttive.
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Un’idea ancor più realistica del lavoro in miniera, ci viene da uno spaccato di galleria nel sottosuolo realizzato dai minatori, con il quale si ricostruisce in maniera veritiera e con dovizia di particolari l’ambiente di lavoro.




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